SAN GIACOMO APOSTOLO
COMMENTO:
La domanda della madre dei figli di Zebedeo che si prostra davanti a Gesù con i suoi due figli, Giacomo e Giovanni, riflette l’ambiguità con la quale il popolo e i discepoli, anche quelli che sono stati scelti – i Dodici -, capiscono Gesù, la sua persona e il suo messaggio, e cosa significa seguirlo. Essi chiedono un posto influente in politica, un potere nel mondo. La risposta di Gesù li forza ad un cambiamento radicale di prospettiva in rapporto con lui. Essi si dichiarano disposti a bere dal calice da cui lui stesso deve bere. Si tratta di un regno, quello che annuncia Gesù, che si trova completamente nelle mani del Padre e che si raggiunge con un cammino di dolore e di passione, non una qualsiasi passione o dolore, ma del dolore e della passione del Figlio, di Gesù. Per entrare in questo regno, nel regno del Padre, non è sufficiente bere dal calice ma bisogna bere dal calice di Cristo.
Gli altri dieci non hanno un’opinione di Cristo diversa da quella della madre e dei figli di Zebedeo. Reagiscono con indignazione e gelosia. Tutti pretendono il primo posto al fianco di colui che sperano sia il futuro Re di Israele. La lezione che dà Gesù, riunendoli, approfondisce fino all’estremo il contenuto paradossale della sua azione liberatrice – incomprensibile per gli uomini, ineffabilmente luminosa vista secondo l’amore di Dio -: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”. Di qui nasce l’esigenza fondamentale per chi vuole essere suo discepolo: l’esigenza del servizio che va fino al dono della vita per il Maestro e per i fratelli.
Giacomo, il figlio di Zebedeo, ha assimilato la lezione, rapidamente e in modo eroico. Fu il primo degli apostoli a bere dal calice del Signore. Il suo primo martire.
Una venerabile tradizione della Chiesa di Compostella e delle altre diocesi della Spagna lo riconosce come il suo primo evangelizzatore. Attraverso l’esperienza di un apostolato intrepido – rendere testimonianza del Vangelo fisicamente fino al “Finis terrae” allora conosciuto -, egli seppe che cosa significa servire nel senso di Cristo. Per la Chiesa, e per i suoi membri più giovani, rimangono e rimarranno sempre il suo esempio affascinante e la sua intercessione.
Liturgia:
Antifona d’ingresso
Mentre camminava lungo il mare di Galilea,
Gesù vide Giacomo di Zebedeo
e Giovanni suo fratello
che riassettavano le reti, e li chiamò. (cf. Mt 4,18.21)
Colletta
Dio onnipotente ed eterno,
tu hai voluto che san Giacomo,
primo fra gli Apostoli,
sacrificasse la vita per il Vangelo;
per la sua gloriosa testimonianza
conferma nella fede la tua Chiesa
e sostienila sempre con la tua protezione.
Per il nostro Signore Gesù Cristo
Prima lettura2Cor 4,7-15
Portiamo nel nostro corpo la morte di Gesù.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, noi abbiamo un tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.
Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: “Ho creduto, perciò ho parlato”, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l’inno di lode alla gloria di Dio.
Parola di Dio
Salmo responsoriale Sal 125
Chi semina nel pianto, raccoglie nella gioia.
Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia. R.
Allora si diceva tra i popoli:
“Il Signore ha fatto grandi cose per loro”.
Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.
Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.
Nell’andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.
Canto al Vangelo (Lc 22,26-27)
Alleluia, alleluia.
Chi è il più grande tra voi
diventi come il più piccolo;
ecco, io sto in mezzo a voi
come colui che serve, dice il Signore.
Alleluia.
Mt 20,20-28
Berrete il mio calice
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?”. Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”.
Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”.
Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.
Parola del Signore
OMELIA
“Hanno bevuto il calice del Signore, e sono diventati gli amici di Dio”.
E’ questa la gloria dell’Apostolo, ben diversa da quella che Giacomo sperava di raggiungere stando con Gesù. Chi vuoi stare con lui può aspirare soltanto alla sua gloria: la gloria di colui che è stato innalzato sulla croce e che chiama i suoi amici a partecipare alle sue sofferenze, in una unione feconda per molti.
Paolo lo dice esplicitamente parlando della sua missione: “Siamo tribolati da ogni parte, sconvolti, perseguitati, colpiti… Di modo che in noi opera la morte, in voi la vita”.
San Giacomo era ambizioso, ma Gesù purificò gradatamente lui insieme con gli altri, insegnando la via dell’umiltà, del servizio, del dono di sé, in unione alla sua offerta, per arrivare alla gloria vera.
Tutti i grandi santi hanno capito la necessità di questa purificazione: Sant’Ignazio, per esempio, non parla di gradi di amore, ma di umiltà: “La prima forma di umiltà è necessaria alla salvezza eterna e consiste nel ridimensionarmi e umiliarmi quanto più mi è possibile per ubbidire in tutto alla legge di Dio nostro Signore. La seconda e un umiltà più perfetta della prima e si verifica quando mi trovo nella disposizione di non volere neppure indinarmi a possedere la ricchezza piuttosto che la povertà, l’onore piuttosto che il disonore. La terza umiltà è perfettissima e si ha quando, per imitare e rassomigliare più effettivamente a Cristo nostro Signore, desidero e scelgo la povertà con Cristo povero piuttosto che la ricchezza, le ingiurie con Cristo, che ne è ricolmo, piuttosto che gli onori, e preferisco di essere stimato stupido e pazzo per Cristo, che per primo fu ritenuto tale, anziché saggio e prudente in questo mondo”. (tratta dal sito www.chiesa.it/liturgia)
Lo stare vicini a coloro che soffrono dà IL VERO POTERE ad ogni azione. (GPII diceva: UNITI ALLA PREGHIERA E TESI ALL’AZIONE”)
Proprio perché il vero potere sgorga dalla situazione crociale, ove la croce rappresentata col simbolo del calice trasforma il sangue in bevanda potentissima, efficacissima per la nostra e altrui vita.
Il potere vero, derivante dalla verità, nel condurre cioè la nostra e l’altrui vita sulla via della serenità, della vera sicurezza e della vera pace, che non sono in mano agli uomini, ma vengono date in dono.
Ogni potere che non passa dalla strada della sofferenza, e in sintonia con essa, è fuori luogo, fuori tempo, e soprattutto è fuori rispetto alla persona, che vede questo potere come imposizione e non servizio. Il potere che parte dal servire e dal servire attraverso il passaggio nella sofferenza, invece, si incarna subito e diventa sangue del mio sangue, vita della mia vita, e quindi via della mia via: non solo si vive accanto, ma si cammina regnando insieme.
Il richiamo di oggi viene dato attraverso uno che è chiamato a servire e a soffrire insieme e dentro l’umanità, per rendere questa potenza la forza trainante del mondo, il vero potere che discerne ogni altro falso, la vera strada che percorsa insieme nel servirsi a vicenda ci rende tutti regnanti.(don Luciano Sanvito)
Secondo padre Lino Pedron, il brano è un contrappunto tra due glorie: quella del Figlio dell’uomo e quella degli uomini. La prima consiste nel consegnarsi, nel servire e dare la vita; la seconda consiste nel possedere, nell’asservire e dare la morte. E’ una lotta tra l’egoismo e l’amore, dove l’amore vince con la propria sconfitta, e l’egoismo perde con la propria vittoria.
Il racconto è un dialogo di equivoci tra Gesù e i discepoli. Ciò che la madre dei figli di Zebedeo vuole da Gesù non è la Gloria, cioè Dio, ma la vanagloria, cioè l’avere, il potere e l’apparire.
Questo testo ci prepara al successivo, con il quale fa un tutt’uno: l’illuminazione dei ciechi di Gerico sarà la caduta della vanagloria, che ci impedisce di ricevere la Gloria.
La rivelazione del Figlio dell’uomo che sale a Gerusalemme è la luce che squarcia violentemente le nostre tenebre e svela ad ogni uomo la vera identità di Dio, la cui gloria è amare, servire e dare la vita.
In questo brano si confrontano e si scontrano il modo di pensare e di agire del mondo e quello di Gesù. L’uno è presentato nel comportamento dei grandi, nella loro volontà di oppressione e di dominio; l’altro è caratterizzato dalla condotta di Gesù, che è venuto per servire e dare la vita per l’umanità.
L’esempio di Gesù deve indurre a un cambiamento di mentalità. L’atteggiamento richiesto da Gesù non nasce spontaneo, non è congeniale all’uomo: richiede una conversione. S. Kierkegaard ha scritto: “Non hai la minima partecipazione a lui (a Cristo), né la più lontana comunione con lui, se non ti sei posto in sintonia con lui nel suo abbassamento”.
“Diventare piccoli” è l’atteggiamento contrario a quello degli uomini, assetati di potenza e di grandezza. Gesù si è fatto piccolo fino alla morte di croce (cfr Fil 2, 5-11).Tutti ci saremmo aspettati che il Figlio di Dio sarebbe venuto per essere servito e per far morire i peccatori. E invece no. E’ venuto per servire e per dare la vita in riscatto per tutti.
Le nazioni si organizzano come società, la Chiesa invece è una famiglia in cui non ci sono superiori e sudditi, padroni e subalterni, ma solamente fratelli (cfr Mt 18,15.21.35). Lo spirito di supremazia o di egemonia sui propri simili non è cristiano, ma diabolico (cfr Mt 4,1-11). Qualunque forma di autorità nella Chiesa non deve essere un dominio, una signoria, un potere, ma un servizio. Il Signore lo dice inequivocabilmente: “Chi vuol essere il più grande tra voi, deve essere il vostro servo; e chi vuol essere il primo, deve essere il vostro schiavo” (vv.26-27).
Il “servizio” è un concetto teologico prima ancora di essere un atteggiamento pratico. Non riguarda prima di tutto un modo umile di esercitare il potere, ma di concepirlo. Il servo non è il responsabile della casa, non ha nessun potere, tanto meno quello di sostituirsi al padrone, prendendo decisioni al suo posto. Egli è solo un inserviente che coopera al buon andamento della casa, che non è sua, e per questo non deve considerarla tale, [deve ascoltare la voce del “padrone di casa” e svolgere il compito assegnatogli con tutta la forza, il cuore, la mente, i sentimenti… che ha!senza riserve, paure o vergogne per la salvezza sua e dei fratelli]. Gesù scegliendo la condizione servile si è proposto di essere più vicino a quanti vivevano in schiavitù e ridare ad essi la coscienza della loro dignità e libertà.
[Come Gesù ha donato la vita per il nostro riscatto, ossia per la nostra liberazione da assoggettamenti e schiavitù di qualsiasi genere, così noi dobbiamo servire la verità contro ogni illusione e inganno della menzogna, del falso servizio, della falsa carità, di legami sbagliati, di falsi maestri!…](C. VdD)
La vera grandezza e la libertà autentica è nell’umiltà del servire. Gesù è in mezzo a noi come colui che serve (cfr Lc 22,27; Gv 13,1-17).
Preghiera dei fedeli
Non c’è amore più grande di chi dona la sua vita, come fece l’apostolo Giacomo, sulle orme di Gesù. Rinnoviamo la nostra fede pregando insieme e dicendo:
Donaci, Padre, di servire con amore.
Signore, tu vuoi che la terra sia una casa fraterna: aiuta gli uomini a vivere come amici gli uni degli altri, a preferire l’uguaglianza al dominio, l’umiltà all’apparente potenza. Preghiamo:
Signore, hai scelto i nostri vescovi come successori degli apostoli; sull’esempio di san Giacomo rendili pronti a seguirti, testimoni della luce del Cristo, disponibili a bere il calice della sofferenza e della morte. Preghiamo:
Signore, lo Spirito ci abilita ad essere veri discepoli di Cristo: donaci la pazienza di saper attendere con fede la piena realizzazione del tuo regno. Preghiamo:
Signore, hai mandato il tuo Figlio non a essere servito ma a servire: conforta quanti si dedicano gratuitamente, per tuo amore, all’assistenza dei malati e dei poveri. Preghiamo:
Signore, vuoi che la Chiesa sia una, santa, cattolica e apostolica: santifica questa nostra comunità, perchè in comunione con tutte le altre comunità, sia un segno di salvezza per la nostra città. Preghiamo:
Per chi, anche oggi, dà la vita per non rinnegare la fede.
Per chi ha responsabilità nella società.
Padre, che nel sacrificio del tuo Figlio diletto ci hai insegnato a morire perchè altri abbiano la vita, donaci un cuore paziente nel servizio e ardente nella lode. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.
Preghiera sulle offerte
Purificaci, o Padre,
nel battesimo di sangue
del Cristo nostro Salvatore,
perché offriamo un sacrificio a te gradito
nel ricordo di san Giacomo,
che primo fra gli Apostoli
partecipò al calice della passione del tuo Figlio.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona di comunione
Hanno bevuto il calice del Signore,
e sono diventati gli amici di Dio. (cf. Mt 20,22-23)
Preghiera dopo la comunione
Proteggi la tua famiglia, Signore,
per l’intercessione dell’apostolo san Giacomo,
nella cui festa abbiamo ricevuto con gioia
i tuoi santi misteri.
Per Cristo nostro Signore







